fresco di lettura
vento del Nord
Rosa Liksom, “Scompartimento n.6”
Ed. Iperborea, trad. Delfina
Sessa, pagg.240, Euro 15,00
titolo originale: Hytti nro 6
Ci
sono due mitici treni nell’immaginario di ogni appassionato viaggiatore, due
treni su cui salirebbe a bordo senza biglietto e senza bagaglio, se ne avesse
l’opportunità. Due treni con due mete diverse, quasi opposte, che diventano
metafora di altro, il tutto circonfuso da un alone di misteriosa avventura-
l’Orient Express e la Transiberiana. Il primo che promette colori e sole e
donne e minareti e cibi speziati, il secondo che lascia intravvedere un brullo
paesaggio di steppa, il biancore della neve sul terreno e nel cielo, solitudine
e vodka per riscaldarsi.
Nel romanzo della scrittrice e giornalista
finlandese Rosa Liksom saliamo a bordo della Transiberiana a Mosca e scendiamo ad
Ulan Bator, ai confini della Cina. Entriamo nello scompartimento numero 6 e,
istintivamente, siamo la giovane
donna finlandese che si trova a viaggiare con un unico compagno, un russo
quarantenne. Dovremo sopportare la sua compagnia fino alla fine, dovremo
restare ad ascoltarlo, dovremo respirare i suoi effluvi di sudore, di aglio e
di vodka. E’ lui, Vadim, a parlare sempre. Rude, volgare, sboccato. La ragazza
si limita ad ascoltarlo, non può fare a meno di sentire quello che dice, anche
se a volte, per paura o per disgusto, esce dallo scompartimento. Ritorna sempre
indietro, che altro può fare? In un certo senso è prigioniera dell’uomo- siamo
negli anni ‘80, la situazione della giovane finlandese è emblematica di quella
dei popoli dell’Unione Sovietica ormai vicina al crollo?
Vadim racconta di sé, si apre a poco a poco,
finisce anche per suscitare la nostra compassione. La sua storia incomincia
quando era un bambino e aveva sentito la madre promettere al padre che si
sarebbe sbarazzata della sua scomoda presenza. Era fuggito da casa e aveva
iniziato una vita di vagabondo insieme agli altri ragazzini orfani che
dormivano nei corridoi della metropolitana di Mosca. Ha ammazzato, è stato in
prigione, si è sposato, ha un figlio, ha avuto innumerevoli donne- ma lui
naturalmente non si esprime in questi termini corretti. Di tanto in tanto
sollecita la ragazza a ‘dargliela’, che le costa? Lei si ritrae inorridita.
Non sentiamo quasi mai la voce
della ragazza, ‘sentiamo’ i suoi pensieri, i suoi ricordi, la storia del suo
incontro con Mitka, appena arrivata a studiare all’Università di Mosca da
Helsinki. Mitka che è finito in un ospedale psichiatrico dopo aver usato la
scusa dell’insanità mentale per non essere mandato a combattere in Afghanistan,
che è diventato pazzo per davvero là dentro.
La ragazza passava con lo sguardo dal pavimento alla nuvola immobile sull’orizzonte. Non aveva mai incontrato un russo del genere. O forse sì, ma aveva preferito dimenticarlo. Nessuno le aveva mai parlato in quel modo. Eppure riconosceva in quell’uomo, nella sua rozzezza, nel modo di strascicare le parole, nel sorriso, nel suo tenero sguardo sprezzante, un che di familiare.
Oltre a Vadim e alla ragazza, c’è un altro
personaggio che si affaccia con regolarità sulla soglia dello scompartimento
numero 6, la donna capo-carrozza che sappiamo essere una donna dal nome, Arisa,
ma che ha perso qualunque femminilità, se mai l’ha avuta- immagine di tutte le
donne russe che, grazie al diritto di parità, hanno sempre svolto lavori
maschili e con piglio maschile, necessario peraltro. Arisa sorveglia, strapazza
l’uomo che continua a bere vodka e altri liquori che sono quasi alcol puro,
porta innumerevoli tazze di tè.
E poi c’è il treno, la leggenda.
Che si ferma nelle varie stazioni, a volte anche per un paio di giorni- sembra
quasi che debba riposare anche lui. La ragazza scende, va a dormire in un qualche
albergo, si aggira per le strade di queste città che paiono senz’anima, con
enormi edifici dall’aria squallida, mentre la temperatura si abbassa e l’aria
gela i polmoni. C’è la vasta madre Russia infine, anafettiva come la madre di
Vadim.
Questo non è solo un viaggio attraverso un paesaggio geografico. E’ un
viaggio nell’animo umano, nello squallore e nel deserto dell’anima, nei dolori
che segnano il percorso della vita, nella solitudine che tuttavia non è
irrimediabile. Perché, contro ogni aspettativa, uno strano legame di amicizia
si crea tra il russo e la finlandese, quasi che ognuno ceda qualcosa di sé per
avvicinarsi all’altro. E alla fine, non si vede l’ora di tornare a Mosca, al
fulcro dell’Unione Sovietica. “A Mosca! A Mosca!” sono le parole che terminano
il libro e noi pensiamo a “Le tre sorelle” di Cechov, il grande autore che già
il titolo e la traccia della follia ci avevano suggerito (“Corsia n.6” è una
famosa novella di Cechov).
Rosa Liksom ha vinto il Finlandia Prize 2011 con “Scompartimento n.6” ed
è stata in lizza per il Premio Médicis per Stranieri 2013.
la recensione e' stata pubblicata su www.wuz.it
la scrittrice Rosa Liksom
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