Voci da mondi diversi. Africa
il libro ritrovato
Mohammed Al Achaari, “L’arco e la farfalla”
Ed.
Fazi, trad. Paola Viviani, pagg. 364, Euro 17,50
Titolo
originale: al-Qaws wa ‘l-farashah
Yassine, il figlio ventenne del
giornalista Youssef Al Firsioui, morto come ‘martire’ in un attentato in
Afghanistan, aveva sognato la costruzione di un enorme arco di acciaio tra le
due sponde del Bou Regreg, in Marocco. Sarebbe stato vicino alla foce del
fiume, una sorta di immenso arcobaleno, un simbolo di unione fra le città di
Rabat e Salé, fra passato e futuro. L’arco “dipinto di azzurro, come uno
zampillo d’acqua sull’oceano”, non era mai stato costruito. Il palazzo voluto
dall’avvocato Ahmad Majd, invece, si ergeva provocatorio, con i suoi nove piani
di altezza e la stravagante forma di un’enorme farfalla, a Marrakech. L’intento
di Ahmad era di strappare Marrakech ad un passato che l’aveva immobilizzata
come città carovaniera del deserto, colorata di rosso, dominata dalle palme
svettanti. C’è qualcosa in comune, nell’intento delle due visioni. Eppure sono
fondamentalmente diverse. L’arco è un’utopia, la farfalla è la realtà dei
ristoranti, dei locali notturni, dei negozi, dei lussuosi appartamenti che
contiene. Quando, verso la fine del libro, Youssef si reca all’inaugurazione
dell’edificio-farfalla, in una delle stanze trova una statua di cui si è
favoleggiato fin dall’inizio. Si tratta della statua di Bacco della cui
misteriosa scomparsa dall’antica città romana di Walili era stato accusato il
padre di Youssef. Scompare subito di nuovo, dopo che Youssef la riconosce. E
questo vuol dire tanto del nuovo Marocco, dell’arroganza dei nuovi ricchi,
della corruzione, dell’oblio e dello sprezzo del passato.
L’uomo elegante che aveva studiato a Parigi e aveva partecipato alla modernizzazione dell’università del paese, non tollerava più ciò che chiamava “il collasso del Marocco indipendente”. Non approvava quegli esempi spiccioli di civiltà presenti nella sua storica città, il logorio della scuola marocchina, lo stravolgimento dei valori, la folle competizione in nome del denaro, e nemmeno la distruzione della lingua araba. Né approvava i nouveaux riches, i commercianti al dettaglio, quelli che vendevano bevande alcoliche in segreto e ci guadagnavano, diventando i signori e i potenti della città.
Youssef Al Firsioui è l’io narrante del
romanzo “L’arco e la farfalla”, vincitore dell’Arabic Booker Prize 2011, ma non
è l’unico protagonista. Perché, nello sconvolgimento che segue la tragica morte
del figlio, Youssef perde l’olfatto e, con questo, il gusto della vita.
Ripiegato su se stesso, è tutta la sua esistenza che gli scorre davanti agli
occhi, che mette al vaglio e su cui si interroga. E’ come se Youssef si
soffermasse davanti ad ognuna delle persone che sono state importanti per lui e
cercasse di capire se stesso sviscerando le loro storie. Suo padre, che era
emigrato in Germania per ritornare poi in Marocco a gestire un albergo- ora è
cieco, eppure fa qualcosa di molto simbolico: guida i turisti tra le rovine e i
mosaici di Walili.
Sembra quasi un personaggio biblico, o un Omero che canta le
glorie del passato. La madre di Youssef era tedesca- del suo suicidio Youssef
aveva sempre addossato la colpa al padre. Con la moglie i rapporti si rovinano
del tutto dopo la morte di Yassine. Youssef Al Firsioui ha due amici- Majd e
Ibrahim. E frequenta due donne- di una
diventa l’amante, con l’altra ha un’amicizia profonda che si avvicina
all’amore. Di tutti costoro conosceremo le storie che ci aprono degli squarci
sulla realtà del Marocco- la situazione femminile, l’accanimento contro gli
omosessuali, la censura, gli arresti e le prigioni per motivi politici, gli
intrallazzi, gli abusi edilizi, i traffici di droga, la corruzione. Anche la musica ha un connotato politico in
un paese come il Marocco, diviso tra modernità e tradizione, tra estremismo
religioso e democrazia. Eppure, come dimostrano i giovani figliastri di
Ibrahim, si può fare parte di una band musicale di ‘servi di Satana’ e odiare
gli omosessuali. E’ la prova di un dissidio profondo e lungi dalla soluzione-
come il finale che chiude il cerchio in una tragica uguaglianza con l’inizio
del romanzo.
“L’arco e la farfalla”, come tutti i
romanzi che, meglio di qualsiasi articolo di giornale, ci introducono alla
storia di un altro paese, è una lettura affascinante anche se, a tratti, la narrazione
sembra poco fluida (o è forse per via della traduzione dall’arabo, lingua di
certo non facile e con una struttura diversa dall’italiano?).
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
lo scrittore Mohammed Al Achaari
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