Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
Catherine Dunne, “Una buona madre”
Ed.
Guanda, trad. Ada Arduini, pagg, 352, Euro 19,00
Donne. Madri. Sono le donne e le madri le
grandi protagoniste del nuovo romanzo di Catherine Dunne, “Una buona madre”-
titolo significativo che pone la domanda, chi può dirsi una buona madre? Come
si fa ad essere una buona madre?
Tess, sposata con due figli, Aengus (il
ragazzo modello) e Luke (il secondogenito scapestrato, ribelle e
imprevedibile).
Maeve, rimasta incinta giovanissima, madre
single di Belle, una storia tormentata di sofferenza fisica e psicologica.
Altre donne ancora, l’anziana Betty, madre
di Tess, Eileen, la zia che Maeve non aveva mai conosciuto, la nipote di Maeve,
che si fa chiamare Amy ma il cui vero nome è più bello, Aimée, ‘amata’. Ognuna
di loro porta la sua storia trasformando il romanzo in un romanzo corale che
affonda le radici negli anni ’70, quando Tess e Maeve erano giovani, per
allungarsi nel tempo presente quando la polizia (anzi, la garda come si chiama la polizia in Irlanda) porta Luke in
commissariato per un interrogatorio. Una ragazza lo ha accusato di violenza
sessuale. |
Tuam |
Era il 2014 quando, nei pressi di una
vecchia casa per ragazze madri gestita dalle suore del Buon Soccorso a Tuam, in
Irlanda, fu trovata una fossa comune. L’inchiesta che seguì portò alla luce che
più di 9000 bambini morirono tra il 1922 e il 1998. Le Case Magdalene, per
ragazze orfane o ‘immorali’ per via della loro condotta peccaminosa, furono in
funzione (gestite per conto del governo da suore cattoliche) dalla metà del
1700 fino al 1996- sembra incredibile, ma è così. Non c’erano molte soluzioni
per le ragazze incinte al di fuori del matrimonio in un paese rigidamente
cattolico. La pillola anticoncezionale veniva prescritta solo alle coppie sposate
e l’aborto diventò legale nel 2019. |
dal film "Magdalene" |
Le famiglie allontanavano da casa, senza
pietà, le figlie che avevano portato il disonore su di loro. Dove potevano
andare queste ragazze, spesso giovanissime, poco più che bambine, che portavano
in grembo il frutto di un amore- a volte, molto più spesso di una violenza o
addirittura di un incesto? C’era in loro la delusione per aver creduto a chi
aveva promesso amore eterno, la confusione dopo aver a mala pena capito che
cosa era successo, la paura per il futuro. L’istituto di suore offriva
accoglienza. Le ragazze non sapevano a che cosa sarebbero andate incontro, che
avrebbero lavorato (e duramente), che i bambini gli sarebbero stati sottratti
(leggi: rubati) e dati in adozione, che i più fragili non sarebbero neppure
stati curati e avrebbero avuto una veloce sepoltura.
Le storie di Tess, di Maeve, di Betty, di
Eileen, sono ognuna una testimonianza diversa, ognuna un’esperienza diversa a
mostrare come basti poco perché il destino risparmi una e infierisca su
un’altra. Il marito di Betty era un uomo d’onore e l’aveva sposata, Tess ne
aveva abbastanza di bambini, dopo aver badato ai numerosi fratellini nati dopo
di lei, e non avrebbe voluto avere figli, Maeve era così giovane, essere
innamorati era così dolce e poi era finita in quell’istituto, l’aveva tirata
fuori da lì la zia Eileen a cui invece, molti anni prima, era stato portato via
il bambino.
E adesso Tess incontrerà Maeve in un caffè-
Maeve ha qualcosa da dirle che riguarda Luke. Vecchi ricordi riaffiorano, le
due donne si riconoscono. Erano amiche, ed ora, dopo quello che è successo?
Dove ha sbagliato Tess? Come può non sbagliare ancora? Quale è il ruolo di una
madre nella vita di un figlio, come deve cambiare nel corso degli anni? come si
riesce a cambiare una mentalità diffusa in cui il maschio gioca sull’ambiguità
del consenso da parte della ragazza? Come si insegna alle ragazze ad essere
meno romantiche, a non credere alle promesse?
Colpisce, nelle vicende del romanzo, come
certi comportamenti si perpetuino, nonostante il passare degli anni. Quello che
è cambiato- e per fortuna- è il modo in cui questi vengono discussi e
giudicati, il nuovo coraggio nell’aperta denuncia, nel rifiuto femminile di
sentirsi colpevole invece che la parte lesa, nel loro essere ‘more sinning
against than sinning’, per dirlo con i versi di Shakespeare. Ci sono forse un
po’ troppe coincidenze nel libro, ma Catherine Dunne esplora l’animo femminile
con garbo, sensibilità ed empatia.
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