vento del Nord
cento sfumature di giallo
Gard Sveen, “Le lacrime di Medusa”
Ed.
Marsilio, trad. G. Paterniti, pagg.439, Euro 19,00
1988. Viene ritrovato nei pressi di Oslo il
corpo di Kristiane, una ragazzina di quindici anni di cui era stata denunciata
la scomparsa. Tommy Bergmann è un giovane poliziotto alle prime armi e rimane
sconvolto da quello che vede, da quel corpo straziato su cui l’assassino ha
infierito. E ricorderà per sempre le parole della madre della ragazza- è tutta colpa mia. Ma da dove gli veniva
quell’impressione di aver già visto quella donna che ora tentava di tagliarsi
le vene dei polsi? Un ricordo di un lontano indefinibile passato…
Novembre 2004. Muore una giovane prostituta straniera, uccisa con le stesse modalità con cui Kristiane era stata uccisa sedici anni prima. Il presunto assassino di Kristiane- un insegnante che aveva confessato quel delitto e altri precedenti- era però ricoverato in un ospedale psichiatrico. Era stato condannato per un errore giudiziario? L’uomo era forse un megalomane che si era attribuito delitti non commessi? Perfino la madre di Kristiane aveva sempre sostenuto che lui non fosse il colpevole- perché però taceva sulle ragioni della sua convinzione? Un Tommy Bergmann con più di un’ombra sulla sua personalità si trova ad indagare sul caso insieme a Susanne, una ambiziosa giovane collega, separata da poco dal marito e con una bimba piccola.
Il romanzo di esordio di Gard Sveen,
“L’ultimo pellegrino” (pubblicato nel 2018), aveva vinto entrambi i maggiori
premi scandinavi per la letteratura poliziesca, premi meritatissimi perché era
un romanzo eccellente che superava i limiti della letteratura di genere. “Le
lacrime di Medusa” (secondo di una serie con Tony Bergmann) rientra invece a
pieno titolo nei confini della letteratura di indagine poliziesca e mi permetto
di dire che, pur sapendo che sarebbe stata una lettura diversa, pur
riconoscendo la bravura stilistica dello scrittore, è una delusione anche se
offre spunti interessanti di riflessione.
Quello che piace del romanzo è l’ambientazione norvegese, particolarmente ‘rinfrescante’ se letto i questa torrida estate. A novembre a Oslo il buio cala già presto, scende la prima neve a imbiancare le strade, fa freddo. E non si può fare a meno di chiedersi se non ci sia un collegamento tra l’efferatezza dei delitti in cui le vittime sono soprattutto di sesso femminile (e questo non solo nel libro di Gard Sveen se ‘mappiamo’ le scene del crimine letterario in Europa) e il clima nordico, quasi che l’oscurità esterna si annidi nella mente e nel cuore delle persone.
Perché
nessun personaggio si salva da una qualche distorsione mentale ne “Le lacrime
di Medusa”. Ognuno di loro ha qualche ricordo, qualche trauma giovanile,
qualche esperienza che affiora in questa indagine in cui tutti hanno segreti
che non vorrebbero venissero alla luce. Ad iniziare da Tommy Bergmann (non vede
forse se stesso negli assassini, lui che
ha messo in fuga la moglie?), per proseguire con il medico psichiatra della
clinica in cui è ricoverato l’insegnante che del tutto innocente non può
essere, con il suddetto insegnante che mostra più di un segno di follia, con la
madre di Kristiane (il personaggio più disturbato dell’intera vicenda), la
giovane Susanne che vede minacciata la sua bambina, altri personaggi ancora-
tutti un poco, o un po’ tanto ‘fuori di testa’, per dirlo in linguaggio
colloquiale.
La curiosità ci trascina nella lettura, si
moltiplicano i morti, l’aria è satura di minaccia, la follia tracima dal
passato nel presente, fino alla soluzione finale. Che però non ci convince.
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