Voci da mondi diversi. Cina
premio Nobel
Pearl. S. Buck, “La madre”Ed.
Mondadori, trad. Andrea Damiano, pagg. 253, 10 lire la mia vecchia copia
Un premio Nobel quasi dimenticato. Eppure
Pearl S. Buck (1892-1973), la scrittrice americana che passò gli anni della
giovinezza in Cina dove i suoi genitori erano missionari, ha ancora molto da
dirci- vale la pena riprendere in mano i suoi libri.
Nessun personaggio ha un nome, nel romanzo “La madre”, pubblicato in Italia nel 1937. C’è la madre, prima di tutti, protagonista assoluta. Poi c’è l’uomo, il marito più giovane della madre, che scompare presto dalla scena. Si fa fare un bell’abito azzurro per andare in città e non si fa più vedere. C’è la vecchia, che è la suocera. Il figlio maggiore che deve crescere in fretta per aiutare nei lavori dei campi in sostituzione del padre. La figlia, povera bambina con un’infezione agli occhi, mai curata finché è troppo tardi e diventa cieca. Il figlio minore, il prediletto della madre, che assomiglia al padre (anche come carattere, purtroppo, con poca voglia di lavorare). E poi ci sono il cugino (sempre pronto ad aiutare), la moglie del cugino che sforna un figlio all’anno, la donna maligna che sparla, il fattore di cui la madre si invaghisce…Il fatto di non avere un nome fa sì che questi personaggi diventino emblematici.
Se non sapessimo che il romanzo è
ambientato in Cina, potremmo anche pensare che le vicende si svolgano in un
qualunque paese povero, a una qualunque latitudine, tanto sono universali i
sentimenti dei personaggi. Soltanto alcune usanze peculiari ci riportano alla
Cina, ma se sostituiamo la divinità pagana a cui vengono rivolte le preghiere
con il sommo Essere della nostra chiesa, osserviamo come siano uguali le
reazioni umane alle difficoltà e ai dolori.
Quella della madre è una vita dura. Dapprima, finché il marito è presente, è appagata dalle gravidanze che si succedono come le stagioni, come la semina autunnale che darà frutti a primavera. Quando il marito scompare dalla scena, lei ne sente acutamente la mancanza. È vero che litigavano, ma il linguaggio dei loro corpi faceva la pace. La sua assenza ha un doppio risvolto negativo- le giornate sono fatte di lavoro, lavoro, lavoro, le notti sono solitarie e il suo corpo rimane sterile. Alla madre sembra di aver perso valore e significato, anche se è ancora giovane e bella. E poi ci sono le menzogne che deve inventare, per mettere a tacere le malelingue del paese.
Tutto quello che succede poi è piuttosto comune- la tentazione, quello che lei considererà sempre un peccato per cui deve essere punita (la tragedia che coinvolgerà due dei suoi figli è forse la punizione che si abbatte su di loro- ma è per colpa sua?), il matrimonio del figlio maggiore, una nuora che la estromette…
Anche un accenno politico si affaccia nella trama- il figlio minore si associa ad un gruppo di comunisti. Ma chi sono i comunisti? Questa è una parola nuova, nessuno ne sa niente. Sono i nuovi ladri, dice qualcuno.
Uno stile piano e lineare, il ritratto di
una donna comune con la forza straordinaria che è propria delle donne, con i
difetti che la rendono così umana e vicina a noi, in un libro che resiste nel
tempo.