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Cristina Gregorin, “L’ultima testimone”
Ed.
Garzanti, pagg. 311, Euro 17,00
Fanno un brindisi finale, prima di separarsi, i protagonisti de “L’ultima testimone” di Cristina Gregorin. Brindano al “coraggio di guardarsi indietro”. Perché è questo che Mirko e Francesca hanno fatto, hanno rivissuto una storia vecchia di 75 anni e solo così possono essere liberi e dare libertà agli spiriti di quelli che l’hanno vissuta in prima persona. I conti sono presto fatti: 75 anni fa terminava la seconda guerra mondiale, “la guerra peggiore che ci sia mai stata”- dice Bruno Tommasi, il nonno di Mirko.
Trieste. Bruno Tommasi, 94 anni. Prima di
morire dice al nipote Mirko due frasi difficili da comprendere: “Trova
Francesca Molin. Per la pace di tutti” e “Qualche volta i fratelli camminano
sulle orme di Caino e Abele”. Chi è Francesca Molin? ‘la pace di tutti’: tutti
chi? Di che pace sta parlando? E chi è nei panni di Caino e Abele?
Mirko, insegnante di Storia medievale,
adorava suo nonno. Pensa che si tratti di qualche colpa lieve, in una vita così
lunga come è stata quella del nonno, gli sarà certamente capitato di fare degli
sbagli.
Francesca Molin si è trasferita da anni da
Trieste a Milano. È ginecologa al Policlinico, il suo è un lavoro bellissimo:
fa nascere i bambini, è il trionfo della vita su tutte le morti che si è
lasciata alle spalle. Ora ritorna, malvolentieri, a Trieste. Vuole essere a
fianco della nonna, ha saputo che Mirko andrà a parlarle- nonna Alba era amica
del nonno di Mirko.
Vasco Cekic. Era il grande amico di Bruno,
quasi un fratello, entrambi istriani, italiani in un terra tormentata che era
stata austriaca e diventerà iugoslava. E loro- si sarebbe potuto definirli
esuli quando erano fuggiti a Trieste, o sarebbero invece stati in esilio se
fossero rimasti là, in un paese che non era più il loro?Esuli istriani
Nel 1976 Vasco Cekic era morto suicida.
Sarà questo il nodo centrale del romanzo, saranno le indagini per arrivare a
capire quello che era successo e perché, sarà infrangere il muro del silenzio
di Francesca, chiusa in una solitudine autoimposta, in una diffidenza che
allontana gli altri. Nel 1976 Francesca aveva dodici anni, in nessun modo
poteva aver avuto un ruolo in quel dramma. Ma, aveva visto qualcosa? Sapeva
qualcosa?
Un’altra figura esce dall’ombra, nella
cerchia degli amici di cui solo la nonna di Francesca è ancora viva- Liliana a
cui spesso Francesca era stata affidata, giovanissima anche Liliana in tempo di
guerra, viene ricordata come ‘la bionda’ o ‘quella delle cartelle’.
Pensiamo alle parole di Boris Pahor, leggendo il libro di Cristina Gregorin, “Ognuno sa purtroppo soltanto le cose che lo riguardano”. Perché leggiamo e ci rendiamo conto di quanto poco sappiamo, di quanto poco siamo capaci di immedesimarci nella Storia di un’area di frontiera che è stata usata come un bottino di guerra, merce di scambio tra uno Stato e l’altro. Austriaca, italiana dopo il 1918, jugoslava dopo il 1945 quando, come nella ruota che gira, i partigiani di Tito impiccavano e fucilavano gli italiani denunciati come fascisti, gettandone i corpi nelle foibe. Mentre tutta l’Italia festeggiava la fine della guerra, i nazisti si ritiravano dalla Venezia Giulia senza rinunciare alle loro imprese sadiche, i titini imperversavano a Trieste, e molti italiani si univano ai partigiani. E sì, i giovanissimi Bruno, Vasco, Liliana, Alba, erano partigiani. Avevano degli ideali, erano convinti di combattere il Male e non soltanto nazisti e titini.
“La guerra è come il gioco dell’oca, alla
fine si torna sempre allo stesso punto: le gelosie, le invidie, le vendette
personali.” È in questa frase che si deve cercare la soluzione del mistero, lo
svelarsi dei segreti racchiusi nelle cartelle di Liliana, celati
nell’andirivieni di Bruno alla questura, colpe che sono state un fardello così
pesante per Francesca da alterarne il carattere.
I
personaggi che vivono in queste pagine sono complessi, non sono in bianco e
nero, il Bruno che comprava il gelato a Francesca e più tardi a Mirko era
quello che aveva imbracciato il fucile e ucciso, perché “non era facile
distinguere il male dal bene, nemmeno dentro di noi”. Ognuno di loro ha la sua
storia dentro la Storia più grande.
I protagonisti delle piccole storie nel
libro sono tutti morti e quelli della Storia grande stanno scomparendo uno dopo
l’altro. E, se è giusto avere indagato in questa storia, se dobbiamo non
dimenticare, è anche opportuno, come auspica Francesca, “chiuderla, relegarla
ai sussidiari e ai manuali di storia.”
“L’ultima testimone” è un libro che fa
vivere la Storia, che la scolpisce nella memoria, che- come fanno tutti i bei
libri- suscita il desiderio di saperne di più.
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a breve seguirà intervista con la scrittrice
recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it