venerdì 18 dicembre 2020

Nogami Yaeko, “Hideyosh e Rikyu” ed. 2020

                                                   Voci da mondi diversi. Giappone

       biografia romanzata
   la Storia nel romanzo

Nogami Yaeko, “Hideyosh e Rikyu”

Ed. ObarraO, trad. B. Torrani, pagg. 436, Euro 18,00

    “Il signore della guerra e il maestro del tè”, recita il sottotitolo di questo romanzo affascinante scritto da una donna eccezionale, la scrittrice giapponese Nogami Yaeko nata nel 1885 e morta nel 1985- una vita lunghissima vissuta all’insegna della cultura. Nagomi Yaeko aveva studiato a Tokyo in una scuola femminile di stampo occidentale, il che spiega il suo interesse per la letteratura europea- tradusse in giapponese “Orgoglio e pregiudizio” e disse lei stessa di aver avuto in mente il legame tra Nerone e Petronio in “Quo vadis” per raccontarci quello tra il signore della guerra e il maestro del tè, due figure agli antipodi per ciò che rappresentano. Sono il mondo dell’azione violenta, dell’uomo che sguaina una spada, e quello della serenità e della calma, dei gesti rituali che versano l’acqua calda nella ciotola raku con la polvere del tè. Il signore della guerra Hideyoshi e il maestro del tè Rikyu, il samurai e il monaco zen.

   La parte iniziale del romanzo può essere un poco sconcertante per il lettore occidentale, precipitato dentro il mondo lontano del Giappone del 1500 in cui ogni momento della vita quotidiana è scandito da usanze a noi ignote. Nonostante che nel titolo il nome di Hideyoshi preceda quello di Rikyu, è quest’ultimo il primo personaggio che conosciamo e sarà lui il vero protagonista, il maestro del tè che si darà la morte per ordine del suo signore e che resterà per sempre vivo nel suo insegnamento. Perché l’essenza del pensiero di Rikyu è il concetto di wabi-cha: il wabi è semplicità, povertà, rifiuto dell’ostentazione.


Nel castello di Osaka la stanza del Tè di Hideyoshi era in oro- soffitto, pareti, l’alcova, i telai delle finestre di quella stanza di tre tatami erano in oro. Anche gli utensili erano d’oro- il contenitore del tè, il mestolo, il vassoio, le bacchette per disporre i carboni per scaldare l’acqua. La stanza del Tè preferita di Rikyu seguiva invece lo stile wabi: piccolissima, in una capanna di paglia, con gli utensili di una spoglia bellezza. Il maestro di Rikyu gli aveva insegnato che “wabi significa avere uno splendido cavallo in una capanna di paglia” e forse “l’essenza della cerimonia del tè era semplicemente nel far bollire dell’acqua e bere il tè”. Anche l’ingresso della stanza wabi di Rikyu aveva il suo significato- era così piccolo e basso che bisognava mettersi in ginocchio per entrare o uscire. E acquista allora un significato, che il potente e possente Hideyoshi debba gattonare per assaporare il tè che Rikyu, il maestro del tè a suo servizio nonché suo consigliere politico, gli ha preparato?

Wabi-cha stanza del té

   Di certo alla fine Hideyoshi lo interpreta come un desiderio di umiliarlo da parte di Rikyu e legge la stessa intenzione nella statua lignea di Rikyu che è stata messa all’ingresso del tempio di Daitokuji, proprio sopra il portale, così che chiunque entri debba passare sotto i suoi piedi. È intollerabile per Hideyoshi, che soffre nella consapevolezza di essere inferiore a Rikyu per nascita e per educazione, nonostante abbia creato una leggenda intorno a sé, inventandosi di essere figlio illegittimo dell’imperatore. E forse aveva finito per crederci pure lui.

    Quando gli avevano riferito che Rikyu aveva messo in dubbio il successo della guerra che Hideyoshi, con le sue ambizioni espansionistiche, pensava di intraprendere contro la Cina, per Hideyoshi era stato il colmo- era un’offesa inaccettabile alla sua grandezza, era disfattismo. Dapprima aveva allontanato il maestro del tè dalla corte, poi aveva emesso l’ordine che Rikyu facesse seppuku, per eliminare del tutto la sua presenza.

    Eppure Hideyoshi non odiava Rikyu. La bellezza straordinaria di questo romanzo sta nella maniera in cui, con quella finezza di tratto che è tutta giapponese, il rapporto amore-odio, rispetto-invidia, viene messo a fuoco a poco a poco, mentre i due personaggi principali sono circondati da mogli, concubine, fratelli, figli, ognuno che aggiunge qualcosa alla vicenda. E intanto a noi, sciagurati bevitori frettolosi di tè in bustine, viene svelato un mondo che ha una sua sacralità e un suo significato di pace e di bellezza, di purificazione e di riflessione. Fuori della capanna di paglia che serve da stanza del tè c’è furore e vanitas, dentro c’è un fiore, un kakemono appeso nel tokonoma, le braci ardenti, la tazza, l’acqua che gorgoglia.

Tokonoma

    Un libro da leggere. Perché vi arricchirà. Perché non è solo la storia di un signore della guerra e del suo maestro del tè.

    Da questo libro il film “Morte di un maestro del tè”, con la regia di Kei Kumai, vincitore del Leone d’Argento a Venezia nel 1989.

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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it

martedì 22 dicembre, h.15, il libro sarà presentato ne "Il salotto in libreria della Libreria Bocca"  in Galleria Vittorio Emanuele II, e in diretta Facebook sul profilo della libreria.




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