Voci da mondi diversi. Penisola iberica
cento sfumature di giallo
Eva García Sáenz de Urturi, “Il silenzio della
città bianca”
Ed. Sperling& Kupfer, trad. P. Olivieri, pagg. 446, Euro
16,91
La cittadina basca di Vitoria. Ne conosceremo tutte le strade, tutti gli
antichi monumenti, tutte le usanze e le festività quando avremo terminato la
lettura del romanzo di Eva García
Sáenz de Urturi. Sapremo perfino qualche parola in basco, ad esempio eguzkilore, il fiore del sole, una sorta
di cardo il cui nome è Carlina Acaulis. E’ usanza nei paesi baschi mettere un
eguzkilore sulla porta per tenere lontano il male, ma, ne “Il silenzio della
città bianca”, finirà per accompagnare il Male, per essere la firma
dell’assassino che è solito metterne tre accanto ai corpi delle sue vittime,
uccise a due a due, in coppie che hanno la stessa età che salta di cinque anni
in cinque anni- erano due neonati le prime vittime trovate vent’anni fa
(strazianti, il maschietto e la bambina, distesi uno accanto all’altro, ognuno
con una mattina appoggiata sulla guancia dell’altro), avevano quindici anni le
ultime due vittime, trovate sempre nella stessa posizione. C’era anche una
sofisticata ricostruzione di epoche storiche da individuare nei luoghi dove i
corpi erano stati trovati- uno dei motivi per cui dei delitti era stato
accusato Tasio Ortiz de Zárate, archeologo molto noto in Vitoria sia per la
posizione sociale della sua famiglia, sia per le sue brillanti trasmissioni
televisive, sia per essere ‘uno di due’. Il suo gemello identico, Ignacio-
tutt’altro carattere, tutt’altra carriera, era un ispettore di polizia- lo
aveva identificato come serial killer e lo aveva arrestato di persona.
Ed ora Tasio, dopo vent’anni di carcere, sta per uscire di prigione per
una settimana di permesso. E gli assassinii ricominciano da dove si erano
interrotti. Una coppia di vent’anni. Una di venticinque. Una di trenta. Il
panico serpeggia per Vitoria. La morte colpisce da vicino il commissario Unai
Lopez de Ayala, sarebbe bene anche lui stesse in guardia- compie quarant’anni.
Può essere ancora Tasio che manipola qualcuno che compia i delitti al suo
posto? Oppure c’è stato un errore madornale vent’anni fa, e Tasio aveva ragione
nel proclamarsi innocente. E se fosse stato il contrario, se fosse stato
l’altro gemello a uccidere in questa sinistra vicenda in cui il numero due
ritorna come un’ossessione? Comunque Tasio esce di prigione. E scompare. Anche
il gemello Ignacio scompare. Quanti anni hanno i due Ortiz de Zárate?
Parallelamente alla trama principale scorre un’altra storia negli anni
1969-1970. Un fidanzato e un marito violento, un matrimonio infelice, un medico
troppo gentile, dei bambini che vengono al mondo, mentre, nel presente, ci sono
dei bambini che neppure si affacciano al mondo- forse è la tragedia simile
della perdita di figli non nati che unisce il commissario Unai e il suo nuovo
capo, una donna affascinante di nome Alba,
quando ancora pensano di avere in comune solo il piacere di correre al
mattino presto per le strade deserte di Vitoria. E neppure sono ancora
consapevoli di essere entrambi nel mirino dell’assassino.
C’è qualcosa del feuilleton in alcuni risvolti della trama che si svolge
nel passato, alcuni dettagli macabri che sanno di ‘déja lu’ nelle vicende del
presente, e però “Il silenzio della città bianca” è un thriller che si legge di
un fiato- per la splendida ambientazione, per la ricchezza di informazioni
sull’architettura degli antichi edifici baschi, per dei personaggi ben riusciti
come il commissario Unai (voce narrante che, a metà narrazione, ci anticipa
qualcosa che proprio non possiamo accettare) e quel gran vecchio saggio che è
suo nonno. Suspense, colore, stile brillante e vivace, il tema della passione e
della gelosia, della possessività maschile e della gemellarità con il suo
fascino oscuro del doppio e dell’opposto, della rivalità e della simbiosi- ce
n’è più che a sufficienza per fare di questo romanzo un’ottima lettura per
l’estate.
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