Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
FRESCO DI LETTURA
Julia Glass, “L’oscura sacralità della notte”
Ed. Nutrimenti, trad. D. Di
Marco, pagg. 486, Euro 22,00
Il verso di una canzone di Louis
Armstrong spiega il titolo del romanzo di Julia Glass, the bright blessed day and the dark sacred night, la luminosa benedizione del giorno e
l’oscura sacralità della notte. Un verso che racchiude in sé tutta la vita, gli alti e i bassi, le
felicità e i dolori, quello che sappiamo e quello che ignoriamo, la luminosità
del giorno che compensa il buio della notte, benedetto e ben accolto l’uno e
altrettanto l’altra nella sua diversità.
Una famiglia al centro de “L’oscura sacralità della notte”, e tutte
le traversie ad essa connesse, i segreti che vengono alla luce, gli intricati
rapporti famigliari, le esperienze d’amore che nel mondo di oggi non sono più
solo quelle di un rapporto uomo-donna, si dipanano nella trama, ci trasportano
dalla costa orientale degli Stati Uniti ad un Vermont innevato e poi, quando
tutto si è calmato, tutto è venuto alla luce e ogni problema sembra essere
risolto, arriva una nuova tempesta-
naturale, questa volta, un uragano- che coglie la famiglia allargata riunita a
Provincetown ed un’onda anomala distrugge la felicità ritrovata.
Kit Noonan è il protagonista in questo
romanzo in cui i personaggi si affollano. Suo è il dramma interiore che gli farà intraprendere un cammino di ricerca,
spinto dalla moglie. Kit è professore di storia dell’arte, al momento
disoccupato. Sua madre, una violoncellista molto dotata che ha dovuto adattarsi
a fare l’insegnante di musica, lo ha avuto a diciotto anni e non ha mai voluto dirgli chi fosse suo
padre. Una donna inquieta, sua madre Daphne. Quando Kit aveva nove anni si
era risposata con un vedovo che aveva adottato Kit dandogli il suo cognome, lo
aveva lasciato dopo dieci anni per sposarsi nuovamente con un uomo da cui aveva
avuto una bambina- un trauma per Kit che non aveva voluto lasciare il padre
adottivo. Ora che ha superato la quarantina e che è padre a sua volta, Kit vuole
sapere e, davanti al rifiuto categorico della madre di dirgli alcunché, parte
per questo singolare ‘viaggio’ di
crescita e di ricerca, va dal padre adottivo sperando che questi possa
aiutarlo.
Il romanzo di Julia Glass non è un mystery,
non c’è la curiosità di sapere, il lettore sa quasi subito chi sia il padre di
Kit. Una narrativa del libro è un flash
back sul passato, un ritorno alla magica estate in cui Daphne aveva avuto
la fortuna di essere ammessa ad un campo in cui si studiava musica. Dove aveva conosciuto Malachy. L’incanto del primo amore. La cecità del primo amore. Non erano i
tempi per sospettare qualcosa. Daphne non aveva l’età per avvertire qualcosa di
‘strano’. A poco a poco la narrativa del presente colma le lacune, ci racconta
il seguito di quella estate. Che cosa significa per Kit ritrovare il padre
biologico e nello stesso tempo sapere di averlo già perso, anzi, di non averlo
mai avuto, in realtà?
Sono tanti i personaggi e sono tante le
storie che si accalcano nel libro. Storie di amore etero e storie di amore gay,
storie d’amore di due generazioni prima di quella di Kit e le difficoltà del
matrimonio di Kit. Ecco, forse c’è un
po’ troppo nel romanzo di Julia Glass. Si ha la sensazione che, se alcune
delle storie collaterali fossero state tagliate, la luce del riflettore avrebbe
illuminato con più forza la storia centrale che invece si diluisce nelle altre. E, se Kit è inteso per essere il
protagonista, le nostre simpatie vanno però al personaggio della madre di
Malachy, Lucinda, un nome che
contiene un raggio di luce, una donna che commette errori (chi non ne fa?) ma
che ha un cuore grande, che è il perno
su cui ruota la famiglia.