Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
biografia romanzata
il libro ritrovato
Nancy Horan, “Mio amato Frank”
Ed. Einaudi, trad. Carla
Palmieri, pagg. 436, Euro 16,80
Titolo originale, Loving Frank
Frank si sfilò un guanto, si chinò, e con
la punta dell’indice tracciò tre linee nella neve. A Mamah sembravano raggi di
sole disegnati da un bambino.
-E’ un simbolo gallese, significa “La
verità contro il mondo”-. Alzò lo sguardo verso di lei. –Vivere per ciò che è
vero e bello non sarà un giochetto da ragazzi, lo so. Conosco un sacco di gente
che si metterebbe a ridere se mi sentisse parlare così. Ma è tutto ciò che
desidero in questo momento.-
“Mio amato Frank”, Loving Frank in originale- e, come già ci è capitato, non possiamo
non osservare la duttilità dell’inglese con l’uso del verbo “amare” al gerundio
che può essere inteso come aggettivo, a significare una ricchezza di sentimenti
del soggetto, oppure dare una visione più ampia, che include tutto quello che
avvenne nel tempo in cui la protagonista fu legata da un sentimento d’amore per
Frank.
Frank Loyd Wright, il genio innovatore dell’architettura organica,
l’uomo al cui nome sono legati edifici mitici ed esemplari, come il Museo
Guggenheim di New York- con quelle linee curve senza interruzione a suggerire
la continuità dell’arte-, oppure
In “Mio amato Frank” Nancy Horan
ricostruisce la storia di questo amore, basandosi sulle molte biografie
dell’architetto e sulle poche informazioni riguardo alla vita di Mamah,
circondandoli di personaggi veramente esistiti e di altri in parte immaginari.
La narrazione è in terza persona, eppure il punto di vista risulta essere quello
di Mamah- un’intellettuale, una donna che si sarebbe trovata più a suo agio in
un’epoca a venire, traduttrice dei saggi della femminista svedese Ellen Key,
lei stessa una femminista. E tuttavia una donna che, nonostante tutte le idee,
nonostante le belle parole, si sarebbe sempre sentita lacerata dentro, incapace
di vivere senza l’uomo che amava e tuttavia con il pensiero rivolto ai figli
che aveva lasciato.
La storia d’amore tra Frank
Wright e Mamah Cheney si legge con l’intensità e il coinvolgimento con cui si
divorano i romanzi del genere, e però c’è qualcosa in più, la consapevolezza
che, per quanto trasformata dalla finzione narrativa, quella che leggiamo è una
storia vera. Restiamo anche noi irretiti dal fascino della personalità di un grande
uomo, con tutte le sue debolezze e mancanze- un’invincibile tendenza a non
saldare i conti, dando per scontato che un’opera d’arte si paga da sé-; viviamo
gli alti e i bassi di una passione che suscitò uno scandalo nonché una
curiosità morbosa da parte dei giornalisti (ricordiamo, in epoca ormai lontana
ma molto più recente, l’ostracismo messo dall’America su Ingrid Bergman, quando
l’attrice seguì Rossellini in Italia?); seguiamo il costruire di grandi case le
cui fotografie sono sui manuali di storia dell’arte.
Di Taliesin, soprattutto,
la dimora che Frank fece costruire per loro due dandole il nome di un bardo
gallese (la sua famiglia era originaria del Galles), la “casa della prateria”
che doveva essere lo scenario del dramma finale, della distruzione nel fuoco e
nel sangue. Perché mai come nella storia tra Frank e Mamah la parola amore si è
coniugata con la parola morte: un servitore licenziato diede fuoco alla casa e
massacrò ben sette persone che si
trovavano a Taliesin in quel momento. La stampa rincarò la dose, con articoli
che suggerivano una punizione divina per Mamah e per i suoi figli, morti in
maniera atroce.
Taliesin |
Come avviene per il balcone di Romeo e
Giulietta a Verona, visitato da turisti che ancora si commuovono per la loro
tragica morte, il lettore di Nancy Horan si ritroverà a cercare su Internet le
foto di Taliesin, ricostruita da Frank Wright. In memoria di Mamah. Amata
Mamah.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it