giovedì 4 dicembre 2025

Antonio Manzini, “Sotto mentite spoglie” ed. 2025

                                                                  Casa Nostra. Qui Italia

                                                  cento sfumature di giallo

Antonio Manzini, “Sotto mentite spoglie”

Ed. Sellerio, pagg. 546, Euro 17,00

 

    È quasi Natale, questo Natale snaturato di oggi, fatto di consumismo, luci che non rallegrano, sdolcinati canti agli angoli delle strade.

E, a tutto questo si aggiunge che, in un’Aosta dove fa freddissimo e Rocco Schiavone si intestardisce a indossare il loden e calzare le Clarks, si succedono in breve tempo una rapina in banca, il ritrovamento di un cadavere in un laghetto di montagna e la denuncia della scomparsa del marito dall’ex-moglie. È proprio il caso che Rocco rettifichi la sua lista di massime rotture.

     Incominciamo dalla rapina che ha risvolti comici per la maniera in cui i rapinatori riescono a farla franca facendosi beffe del vicequestore Schiavone- è la prima scena e la più rappresentativa in cui c’è un chiaro riferimento al titolo, ‘sotto mentite spoglie’. Il portare una maschera ritorna lungo tutta la narrativa- ci sono personaggi che assumono un altro nome e un’altra identità, ci sarà un commissario che, con una barba posticcia, si camufferà per tendere una trappola, c’è un qualcosa di cui si parla come di una bauta, maschera in veneziano, e che deve essere il nodo di tutto quello che accade (perché, ad un certo punto, diventa chiaro che i fatti che apparivano slegati sono invece collegati tra di loro), c’è infine Rocco che ormai indossa sempre la maschera di uomo scorbutico e cinico e piange dentro di sé.


    L’inizio del nuovo romanzo di Antonio Manzini riprende la narrazione da quello precedente- la giornalista Sandra è in ospedale e Rocco va ogni giorno a chiedere notizie di lei. Sandra, però, è fidanzata, la loro storia avrebbe potuto essere e non è stata, perché, anche se la moglie morta non gli appare più spesso come un tempo, anzi, se non gli appare affatto, Rocco vive nel passato, incapace di lasciarselo alle spalle. Preferisce i legami passeggeri, come quello con la biologa che frequenta adesso e che non richiede alcun impegno da parte sua. E tuttavia c’è in Rocco un filo di amarezza, di rimpianto, di nostalgia di una possibile felicità perduta.

E poi Rocco viene travolto dai nuovi avvenimenti- perché soltanto una cassetta di sicurezza era l’obiettivo dei ladri? Chi era il morto nel lago? L’identificazione è difficile, sarà il tagliandino di una tintoria sulla giacca che aiuterà a dargli un nome. La trama ci porta dalla Val d’Aosta al Senegal e qui iniziamo a intuire che si tratta di qualcosa di losco, di terribilmente ‘sporco’, perché si parla di squadre di calcio di ragazzini di colore, di un qualche prodotto farmaceutico, di grossi guadagni, di necessità di segretezza.


    La lettura di un libro di Antonio Manzini è sempre piacevole e mai banale, è vivace e ricca di humour. Il protagonista cambia lentamente, come è giusto che sia, nel corso degli anni, forse riesce perfino ad abituarsi alla città in cui è stato relegato. Il nocciolo della trama di questa sua ultima opera riguarda un problema scottante e di grande attualità di cui non mi è concesso dire altro.

Un solo appunto: un centinaio di pagine in meno avrebbero reso la narrativa più scattante.



 

mercoledì 3 dicembre 2025

Bak Sulmi, “Piccoli inganni crudeli” ed. 2025

                                                         Voci da mondi diversi. Corea

                                               cento sfumature di giallo


Bak Sulmi, “Piccoli inganni crudeli”

Ed. Longanesi, trad. M.L. Gialloreti. Pagg. 208, Euro

 

   Seoul. Mira. Yujae. Yuchon. Jiwon. Sono questi i quattro personaggi che ci offrono quattro diversi punti di vista dei tragici avvenimenti che formano la trama del thriller psicologico di Bak Sulmi, un romanzo che contiene molta violenza, nei confronti sia delle persone sia degli animali. C’è anzi da chiedersi se tutta questa violenza, che è spesso un tratto caratteristico dei film coreani, sia qualcosa di molto diffuso- per motivi che ci riesce difficile capire- nella società coreana.

    Il libro inizia con una lettera di Mira a Jiwon. Mira, sulla ventina, è stata assunta da Jiwon per dare lezioni al figlio minore Yujae. E Mira alza il sipario su quanto è accaduto poco tempo prima: il cane a cui il fratello di Mira era tanto affezionato è stato ucciso selvaggiamente dal figlio di Jiwon. Per un’incatenarsi di conseguenze, la madre e il fratello di Mira si erano uccisi.

    Il primogenito di Jiwon, Yuchon,  è l’esatto opposto del fratello. A sentire la madre, è un genio della matematica, rappresenterà la Corea alle Olimpiadi internazionali di Matematica, è studioso, un ragazzo modello. Per Jiwon esiste solo questo figlio e non si accorge della gelosia devastante del figlio minore, neppure sa- perché non le interessa- che Yujae ha vinto le Olimpiadi nazionali di Matematica. E Yujae cova la vendetta.


     Appare subito chiaro, leggendo la parte di Yujae, che questo ragazzino è uno psicopatico, pericoloso per gli altri e potenzialmente per se stesso. C’è una radice di Male in lui, anche se vogliamo scavare e cercare di comprendere il motivo del suo comportamento, c’è un gusto di fare il Male, di vedere soffrire, c’è una totale mancanza di empatia, c’è il piacere di programmare atti criminali manipolando anche altre persone al suo servizio, c’è totale mancanza di senso di colpa.

   È Yujae l’unico a macchiarsi di colpe? L’unico a commettere crimini senza il minimo scrupolo? Ognuna delle quattro parti del libro smentisce in parte, rettifica, cambia la prospettiva da cui guardiamo quello che accade. Che non ci piace. Non ci piacciono i personaggi, ci chiediamo dove siano le famiglie di questi ragazzini che si aggirano di notte cercando il divertimento nella sofferenza altrui.

    Confesso di aver fatto fatica a terminare la lettura di questo romanzo di cui, però, ho apprezzato la costruzione.